
C’è un momento importante negli incontri delle persone. Ogni qualvolta che abbiamo a che fare con l’attesa e il ricevimento di ospiti entriamo in una sorta di tempo condensato in cui lasciamo passare gli altri provando ad accoglierli e a farli sentire a proprio agio.
Nel quotidiano avvicendarsi dei giorni capita di ricevere visite ben attese oppure ci sorprendiamo al suono del campanello di ospiti inattesi e indigesti. Con i benvenuti è più semplice, ma con gli altri l’ospitalità diventa un pugno nello stomaco.
Anche sul lavoro, nel commercio e negli incontri di natura professionale ci capita di dover entrare in quella fase ben delineata che caratterizza l’inizio dell’appuntamento. Nei salotti del Polo Clinico di “Psicologia Facile” abbiamo definito e denominato questo momento: Raccoglienza, ovvero accogliere la persona nel migliore dei modi, senza eccessi di zelo e raccogliere le informazioni necessarie per conoscere chi ci sta chiedendo aiuto analizzando la domanda.
Nei colloqui di Psicoterapia, specie nel primo appuntamento di consulenza, questo momento è fondamentale. Permette al terapeuta di costruire la cornice di setting adeguata entrando in relazione con l’ipotetico paziente che nel frattempo risuona del medesimo atto congiunto, infatti anch’egli potrà raccogliere le sue considerazioni a pelle sul terapeuta e accogliere l’agio o il disagio raggiunto nei primi 10 minuti di approfondimento.
L’accoglienza sarà reciproca così come la raccolta che avverrà con obiettivi differenti.
Il termine raccoglienza non è presente nella letteratura scientifica, ma in quella rinascimentale italiana sì. Se ne possono trovare alcune e rare tracce spulciando il web.
Ad esempio nelle opere di Benvenuto Cellini, scultore, orafo e scrittore, del 1500 ho trovato questo passaggio che descrive il momento esatto in cui incontra Lorenzo de Medici. La tensione scenica dell’incontro tra il Magnifico e l’umile artigiano evolve nel momento in cui l’artista fiorentino sente l’accoglienza del mecenate che senza indugio con estrema eleganza e umanità gli prende la mano smorzando così l’eventuale disagio e soggezione.
Cellini (1) racconta questo momento così:
“L’altro giorno appresso, mi scontrai in Messer Lorenzo de Medici, il quale subito mi prese la mano colla maggior raccoglienza che si possa veder al mondo..”
In realtà nell’opera intitolata “Le Prodezze d’Aiolfo” le cose poi cambiano per dover di cronaca, ma ciò che rimane è quella descrizione così chiara ed esaustiva che sembra racchiudere i due significati in doppia misura. Accogliere e raccogliere generando Raccoglienza, una sorta di galanteria che muove i suoi primi passi proprio nel 1500 quando non a caso cominciò a diffondersi la prima trattatistica sul comportamento e il galateo (2).
In oriente il servizio è sempre effettuato senza una relazione di dominanza (padrone/servo) e senza aspettativa, attingendo nella parte profonda della nostra coscienza, più che nei canoni dei doveri sociali. L’atteggiamento disinteressato che non eccede, ma che sa essere empatico e profondo potrebbe costruire la posizione del servitore che sa accogliere e raccogliere le soggettività nella nuova relazione.
Come quando stiamo per versare del buon thé, i nostri brutti modi potrebbero guastarne il gusto.
Nella vita è fondamentale tutto questo, ma nulla è dogmatico, categorico, tutto può essere costruito in quell’istante o come in terapia nella prima mezz’ora.
Questo è un tempo idoneo e favorevole per effettuare un primo colloquio di raccoglienza.
Un atteggiamento ancillare e autorevole al tempo stesso fa del terapeuta un buon padrone di casa e del paziente un gradito ospite.
All’interno della costruzione della relazione potranno entrambi sovvertire quest’ordine, spesso sarà il terapeuta a essere ospitato nella storia della persona e quest’ultima a condurre entrambi nella trama narrativa del problema che lo ha portato lì.
Insomma tutte le volte che aspettiamo ospiti è come se in ognuno di noi potesse lavorare un signore, poco ruffiano, ma autentico che sappia usare la Raccoglienza nel migliore dei modi.
Assumiamolo.
Buone vacanze.
“I veri giudici del tuo carattere non sono i tuoi vicini, i tuoi parenti, o anche le persone con le quali giochi a bridge. Le persone che ti conoscono davvero sono i camerieri, le cameriere, e i commessi.”
NOTE:
1 – Nella storia D’Aiolfo, a pag 359 del Testo a penna scritto da lui medesimo
2 – Gli antesignani furono Pietro Bembo con gli Asolani, incentrato sull’amore, e Baldassarre Castiglione con il Cortegiano. I due testi, scritti in forma di dialogo, avevano come unici protagonisti i cortigiani ed erano rivolti unicamente a loro. In quel periodo nacquero anche i manuali di comportamento femminile, il cui scopo era mantenere un dato ordine sociale, con regole per essere una perfetta moglie e madre. Giovanni Della Casa scrisse tra il 1551 e il 1555 il suo trattato sui costumi “sotto la persona di un vecchio idiota” che cerca di istruire un “giovanetto”, il nipote Annibale Rucellai, sui modi da tenere o evitare nella vita sociale. Il trattatello venne intitolato Galateo in onore di Galeazzo (Galatheus) Florimonte, vescovo di Sessa Aurunca, personaggio cardine della Controriforma e uomo di lettere che aveva abbandonato la stesura di un suo Trattato delle buone creanze. Il Galateo ebbe una rapida diffusione in Europa.